Le norme vigenti in materia di “Controllo sui lavoratori” sono tutte finalizzate a contemperare le esigenze del datore di lavoro con i diritti e la tutela della dignità e riservatezza del lavoratore sul luogo di lavoro.

L’intento è quello di evitare che l’attività lavorativa risulti impropriamente caratterizzata da un controllo continuo tale da compromettere eliminare o ridurre l’autonomia della Persona nello svolgimento della prestazione di lavoro.

A rafforzare il principio di tutela della dignità della Persone e in risposta ad un quesito del Consiglio nazionale del nostro Ordine , il Ministero del lavoro, con l’interpello 8 maggio 2019, n. 3, chiarisce che non è possibile, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge n. 300 del 1970, installare ed utilizzare impianti di controllo in assenza di un atto espresso di autorizzazione, sia esso di carattere negoziale (l’accordo sindacale) o amministrativo (il provvedimento), occorrendo l’emanazione di un provvedimento espresso di accoglimento ovvero di rigetto della relativa istanza.

L’articolo 4 della legge n. 300 del 1970 affida, in primis, ad un accordo tra la parte datoriale e le rappresentanze sindacali la possibilità di impiego degli impianti e degli altri strumenti che consentano anche il controllo dell’attività dei lavoratori. In mancanza di accordo, l’installazione è subordinata all’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro.

Il Ministero evidenzia che il Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto più volte per regolare sulla materia con provvedimenti e linee guida.

Nella nota del 16 aprile 2012 (prot. n. 7162), la Direzione Generale per l’attività ispettiva del Ministero del lavoro ha ribadito la necessità di considerare i presupposti legittimanti la richiesta di installazione di impianti di controllo, ovvero l’effettiva sussistenza delle esigenze organizzative e produttive, sottolineando inoltre il necessario rispetto del Codice per la privacy, nonché dei successivi provvedimenti del Garante, in particolare delle prescrizioni del Provvedimento generale sulla videosorveglianza dell’8 aprile 2010, nel quale, tra l’altro, si afferma l’esclusione dell’applicazione del principio del silenzio-assenso nel caso specifico.

Inoltre, con nota del 18 giugno 2018 (prot. n. 302), l’Ispettorato nazionale del lavoro ha sottolineato alle proprie strutture territoriali la necessità della stretta correlazione che ci deve essere tra la richiesta di installazione e l’esigenza manifestata. La tutela del patrimonio aziendale non sempre potrà essere considerata come requisito valido a priori per concedere l’autorizzazione.

Tale interpretazione è condivisa anche dalla giurisprudenza, la quale con sentenza 22148/2017 della Corte di Cassazione sostiene che la diseguaglianza di fatto e quindi l’indiscutibile e maggiore forza economico-sociale dell’imprenditore, rispetto a quella del lavoratore e in continuità con un orientamento interpretativo consolidato in materia afferma che, anche a seguito delle modifiche introdotte dal Jobs Act, non possa avere “alcuna rilevanza il consenso scritto o orale concesso dai singoli lavoratori, in quanto la tutela penale è apprestata per la salvaguardia di interessi collettivi di cui, nel caso di specie, le rappresentanze sindacali, per espressa disposizione di legge, sono portatrici, in luogo dei lavoratori che, a causa della posizione di svantaggio nella quale versano rispetto al datore di lavoro, potrebbero rendere un consenso viziato”; di conseguenza, in assenza di accordo con le rappresentanze sindacali o di autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro, “il consenso o l’acquiescenza del lavoratore non svolge alcuna funzione esimente, atteso che, in tal caso, l’interesse collettivo tutelato, quale bene di cui il lavoratore non può validamente disporre, rimane fuori dalla teoria del consenso dell’offeso, non essendo riconducibile al paradigma generale dell’esercizio di un diritto”.

Pertanto, il Ministero evidenzia che, con riferimento ai procedimenti attivabili mediante la presentazione dell’istanza di cui all’articolo 4, comma 1, della legge n. 300 del 1970 e successive modificazioni non è configurabile l’istituto del silenzio-assenso, occorrendo l’emanazione di un provvedimento espresso di accoglimento ovvero di rigetto della relativa istanza.

Modulistica Ispettorato Nazionale del Lavoro

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