Di resilienza se ne parla molto. Ultimamente sembra essere di gran moda.
Potrebbe essere un’attitudine, uno stato emotivo, una capacità o, forse, un valore?
Dal latino resilire significa rimbalzare, saltare indietro.
Originariamente pone le sue radici nell’ambito della scienza che si occupa delle caratteristiche dei metalli e, in particolare, della capacità degli stessi di ritornare alla forma che è loro propria in seguito a perturbazioni provenienti dall’esterno.
Il fenomeno è stato successivamente trasposto in altri ambiti come la psicologia, la psichiatria o la pedagogia ed è qui che si è riscontrato che esistono individui che, pur essendo soggetti a situazioni di disagio, anche estremo, riescono ad utilizzare energie e risorse che favoriscono la vita.
La persona resiliente si pone delle domande potenzianti (chi sono? qual è il mio talento? perché lo faccio?), individua degli obiettivi (specifici, misurabili, raggiungibili, realizzabili, limitati nel tempo), costruisce delle strategie, si crea delle routine produttive.
Il trauma e l’errore diventano nuove opportunità, cambiando la prospettiva con cui si guardano e si affrontano.
Ma è davvero così semplice? può essere qualcosa di innato?
“A volte le parole non bastano, allora servono i colori.”
A. Baricco
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